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IL BULLETTO


Tra i diversi cassetti di memoria che ogni tanto si aprono, oggi ricordo una brutta avventura di tanti anni fa, penso fosse il 1973.
Come già detto Isernia era, ed è, credo, divisa in “capaball” e “capammond”.
I ragazzi di “capaball” erano, diciamo così, un po’ più vivaci, stavano più in strada ed erano un tantino più aggressivi di quelli di “capammond”, anche se, anche lì, c’erano alcune teste calde.
Comunque il sottoscritto a 13 anni non aveva mai avuto a che fare con la violenza fisica.
Con l’educazione ricevuta dai miei nonni era impensabile poter passare alle vie di fatto.
Purtroppo però sarebbe stato meglio il contrario. Infatti una sera d’estate, durante una delle classiche feste paesane, in Piazza Mercato, mentre eravamo in giro, io ed il mio caro amico Pietro, mi trovai nella situazione di doverlo difendere da un bulletto che passando dietro di noi gli allungava dei calci senza motivo.
La reazione del bulletto, abituato allo scontro fisico, fu immediata, mi buttò a terra e mi sferrò un pugno in piena volto spaccandomi il labbro inferiore.
Vedendo tanto sangue ebbi una paura tale da rimanerne traumatizzato per molto tempo.
Rientrai subito a casa dove mia madre per poco non svenne dalla paura, mio padre, invece, iniziò ad interrogarmi per capire chi fosse stato e, comunque, nessuno pensava a medicarmi!
Fui portato in ospedale e festeggiai il primo punto! Sul labbro chiaramente!
Rimasi diversi giorni col labbro gonfio ed un vistoso cerotto che mi impediva anche di mangiare.
Mio padre intanto ero uscito a caccia del colpevole. Quando rientrò per poco non mi diede il resto perché disse che quello che mi aveva picchiato era più piccolo di me.
Inutile tentare di fargli capire che quello era un bullo cresciuto in strada ed io no!
Ricordo che mi sentii così umiliato a sentirmi così “cornuto e mazziato!”.
Giurai a me stesso di fare qualcosa e di cambiare atteggiamento. Non avrei permesso mai più a nessuno nella mia vita di potermi fare del male. Capii che non bastava essere educati e corretti nella vita ma bisognava essere pronti anche ad affrontare situazioni come quella.
Così feci. Il mio primo maestro fu Alessandro Giannini. Frequentando la sua palestra e seguendo le sue lezioni iniziai a prendere coraggio, ad essere più forte, capace e sicuro di affrontare chiunque.
Una passione quella per la palestra che mi sono portata dietro anche dopo il matrimonio.
Qui a Frosolone, all’epoca, veniva un bravo maestro di karate da Venafro, di cui mi sfugge il nome che mi iniziò alla boxe e al kick-boxing. Fu lui ad iniziarmi allo scontro fisico vero e proprio.
In quel periodo la palestra, ubicata dove una volta c’era un cinema, aveva un numero elevatissimo di iscritti. Era gestita da Antonio Meale. Poi, purtroppo, dopo qualche anno tutto finì.
Con la palestra chiusa e gli impegni di lavoro sopraggiunti, decisi di darmi alla cucina e alla pittura!

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