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Visualizzazione dei post da ottobre, 2020

IL BABBIO

Nel 2006/2007 a Frosolone, ogni sabato, se non ricordo male, usciva una rivista, un giornalino locale, chiamato “Il Muretto” curato da Michele Paolucci, sul quale, anch’io, ogni tanto, scrivevo qualche articolo a tema informatico. Un giorno però decisi di dedicarne uno alla figura del “BABBIO”, figura autoctona frosolonese, che sta ad indicare una persona palesemente stupida. Era un’analisi socio antropologica, in vena ironica, sulle necessità e i bisogni di certi individui ed il loro desiderio di voler apparire, a tutti i costi, quello che non sono. Un’analisi sulla necessità di vivere in relazione agli altri con un tipo di vita sociale super-attiva e inutilmente dinamica al fine di poter essere stimati e ossequiati da tutti che, pur di renderli felici, consapevolmente, recitano la parte degli adulatori. È interessante osservare le persone. Da giovane mi sfuggivano troppe cose, avevo altro a cui pensare! Ora mi piace osservare, con calma, guardare con attenzione, notare i de

PAPA', LUCIANO E LA GARA DI PESCA

U n amico di mio padre si chiamava Luciano. Faceva il carrozziere. Una passione che li accomunava era la pesca. La pesca alla trota in primis. Quando era periodo, dopo il lavoro, andavano praticamente tutti i giorni. Luciano era un personaggio molto ruvido, un po’ burbero, parlava poco. Ma non era cattivo, era il suo modo di essere, sempre con quell’aria di chi sta per picchiare qualcuno. Era tarchiato e non troppo alto. Aveva degli occhiali molto spessi con le lenti sempre sporche di vernice. Non ho mai capito come facesse a vedere. Anche l’abbigliamento era sempre uguale, al lavoro, al bar, a pesca, era vestito più o meno sempre allo spetto modo. Si portava dietro il suo essere carrozziere un po’ dappertutto con i suoi abiti e scarpe punzecchiati da schizzi di vernice. Avevo più o meno 12 anni quando mio padre tentò di avvicinarmi alla pesca. Lui era il re della pesca alla trota. A Isernia lo conoscevano tutti. Ricordo che mia madre non sapeva più come cucinarle t

CONFESSIONI

  Anni ’80. Arrivato alla soglia dei 60 credo sia il momento di confessare, principalmente al gruppo degli amici di quegli anni, alcuni “peccati veniali”.   Il primo riguarda la musica. Ebbene sì, confesso che all’epoca, di nascosto, ascoltavo anche musica italiana. Claudio Baglioni, Mina, Matia Bazar, Antonello Venditti, Riccardo Cocciante, Lucio Dalla e perfino Gianni Togni e Alan Sorrenti, tanto per citarne alcuni. Se l’avessero scoperto i miei amici mi avrebbero sicuramente “bullizzato”, tanto per usare un termine, purtroppo, molto attuale. Ascoltare musica italiana, all’epoca, tra quelli della mia età, era da sfigati. Solo Queen, Prince, Dire Straits, Culture Club, Paul Young, Simply Red, Prefab Sprout, Simple Minds, Michael Jackson, Madonna ecc... ecc... Tutti artisti che mi piacevano moltissimo, ma mi piaceva anche la musica italiana e canzoni come “Figli delle stelle” di Alan Sorrenti. Avevo delle cassette nascoste in macchina con le compilation italiane. Le a

SOGNI E RIMPIANTI

Tra i miei sogni più ricorrenti c’è sicuramente il periodo del servizio militare. Sogno spesso di trovarmi, di nuovo, a che fare con i turni di guardia, con le armi, con la mensa scadente, con persone scontrose e la voglia di tornare a casa. Siamo nel 1980. Ottobre 1980, per la precisione. Non credo di sognare quel periodo perché l’abbia vissuto come un incubo o una fase particolarmente sconvolgente. Anzi! Il primo periodo forse un po’, quello che riguardò la “fase sarda”. Un mese e mezzo a Cagliari, a marciare, sudare e soffrire per la lontananza e la mancanza di affetti. Ma il secondo periodo di certo no. Forse ne ho già parlato in un precedente post ma quello fu davvero il periodo più bello, interessante, formativo e avvincente, della mia vita. La caserma, o meglio, l’aero-campo, si trovava nei pressi di Bracciano, vicino Roma. Era un Reparto Riparazione Aviazione dell’Esercito. C’erano gli elicotteri che in quel periodo erano impegnati in Libano. Ricordo la mia pr

NOMOFOBIA

Sapete cos’è la NOMOFOBIA?   È il timore, la paura, di rimanere disconnessi da Internet mediante il proprio smartphone. La paura di rimanere isolati dalla Rete.   Ho letto un po’ di cose ultimamente a riguardo che ritengo interessanti ma allo stesso tempo preoccupanti, a livello mondiale.   La complessità di tale condizione sta assumendo dimensioni preoccupanti specie tra i familiari dei soggetti colpiti, la maggior parte dei quali appartenente alla fascia adolescenziale ed infantile.   Negli Stati Uniti, una maestra ha recentemente pubblicato un post su Facebook, riguardante un tema scritto da un suo alunno di 7 anni, “odio il cellulare della mia mamma” ha scritto il bambino, “vorrei non lo avesse mai comprato”.   Inutile sottolineare quanta solitudine e tristezza si percepiscono in queste parole.   Da un recente studio risulta che l’85% delle persone nel mondo, appena svegli, la prima cosa che fa è controllare immediatamente il proprio smartphone.   Un problema che in

PASSIONI

Q uanto è importante nella vita avere, coltivare, vivere una passione o, meglio, delle passioni! Ricordo che da piccolo mi piaceva raccontare il mio stato emotivo attraverso il disegno. Ricordo che disegnavo spesso e volentieri, dalle elementari alle medie. Poi smisi, distratto da altri richiami che a quella età, inevitabilmente, ti portano a vivere altri tipi di esperienze. Per tanti anni ho dimenticato di quell’attitudine, di quella passione, quasi una necessità a dover esternare qualcosa di intimo su una tela, su un foglio bianco. Fortunatamente col tempo quella passione è riemersa. È accaduto non molti anni fa, quando decisi di prendere in mano un pennello e iniziare ad esprimere il mio stato d’animo, le mie emozioni, i miei impulsi umani. Una vera necessità. Solo oggi me ne rendo conto. Quando termino un dipinto mi sento meglio. Probabilmente mi serve per scacciare ansia, negatività, per scaricarmi. Mi piace dedicare la mia concentrazione solo ad un’unica cosa. Mi rila

TECNOLOGIE INFORMATICHE

C’è stato un tempo in cui le persone ti guardavano con espressione di stupore e curiosità. Era l’epoca in cui iniziavi ad utilizzare, per la prima volta, un computer. Era l’inizio degli anni ’80 quando iniziai ad appassionarmi all’utilizzo di quel nuovo, affascinante, strumento. Sapevo sarebbe diventato indispensabile per il futuro lavorativo di ognuno di noi. Lo sapevo perché avevo letto di un signore, di nome Bill Gates, che aveva deciso di renderne, col tempo, così semplice l’utilizzo in modo da poterlo fare utilizzare a chiunque. Dalla massaia al professionista. È stato così che Bill Gates, poi, ha realizzato il suo sogno, è riuscito nell’impresa ed è diventato l’uomo più ricco del mondo. Lo ha fatto principalmente grazie a “Windows” e a tutte le applicazioni semplice ed intuitive di casa Microsoft. All’epoca ancora non si parlava di “Informatica”, né tantomeno di “Tecnologie dell’informazione e della comunicazione”. Era ancora l’epoca delle macchine da scrivere (in par

MEZZE MISURE

Siamo passati, nel giro di 48 ore, dall’estate all’inverno. Come si suol dire “non ci sono più le mezze stagioni”, così come non ci sono più le mezze misure, ci sono solo le “mezze seghe” Barilla! Le mezze misure, invece, sono importanti, servono. Senza le mezze misure si rischia di rimanere soli, isolati. Però rappresentano anche un atto di codardia e ci spingono verso l’ipocrisia. Riesco sempre peggio a gestire i rapporti interpersonali, ho cercato sempre di gettare acqua sul fuoco, di venire incontro, di comprendere, di assecondare, di capire. Errori su errori che si accumulano negli anni e che creano un groviglio interiore fatto di cose non dette, di sberle non date, di sfoghi abortiti. Mi avvio sempre sulla strada della libertà di pensiero, della logica pura, della spontaneità, e poi mi riduco ad assecondare le persone. E così non arrivo mai lì dove volevo. Non riesco ad arrivare alla verità. Giro e rigiro per non ferire nessuno ma, inconsapevolmente, poi, la vittima

FAMIGLIA UNITA

F ondamentalmente non sono mai stato invidioso. Tutt’ora non lo sono. Ho altri difetti, ma non questo. Però c’è una cosa che invidio e che ho sempre invidiato a chi ce l’ha. Qualcosa che molti inseguono da una vita intera. Si chiama “famiglia unita”. Sì, invidio quelli che sono riusciti, per merito, per fortuna, per destino, non lo so, a rimanere uniti e a vivere gli uni per gli altri. Ad essere sempre presenti, in momenti difficili ed in momenti felici. Mamme, padri, nonni, fratelli, sorelle, cugini, grandi famiglie allargate che stanno spesso insieme, che si rispettano e si aiutano reciprocamente. Sì, esistono! Forse non rispecchiano proprio la famiglia del “Mulino bianco” ma si avvicinano! Sono le famiglie delle feste, dei compleanni, dei battesimi, delle cresime, della Pasqua e, in primis, del Natale. Nel Natale troviamo la massima espressione della felicità per una famiglia unita. Non c’è niente di meglio, niente di più forte e sentito. Le festività natalizie son

VIVA NETFLIX!

La vita continua a sorprendermi. Le persone continuano a sorprendermi. Purtroppo, quasi sempre, negativamente. Pensavo che con l’età fosse tutto più semplice, più lineare, più chiaro e invece è un disastro. Chi per un motivo chi per un altro, stanno cadendo, una ad una, tutte le pedine e, con esse, tutte le certezze e le speranze di vivere in un contesto sociale diverso, più affidabile, più evoluto, più equo e solidale fatto di persone serie, intelligenti, disponibili e rispettose. L’ignoranza, la supponenza, la maldicenza, l’invidia invece la fanno da padrone rendendo tutto molto complicato al fine di un sereno e proficuo rapporto di amicizia, pardon “conoscenza”, l’amicizia è un’alta cosa! È diventato persino difficile parlare e farsi ascoltare. Ne è un pessimo esempio anche la tv, basta seguire uno dei tanti talk show politici che hanno invaso ormai tutte le reti televisive dove c’è gente che urla e che si insulta continuamente. La frase più ricorrente è <<io non l

EREMITA

  Ci sono giorni in cui ti senti la testa vuota. Ti trovi di fronte ad una tela bianca senza saper cosa dipingere. Altri giorni invece ti senti le cascate del Niagara nella capoccia. Al posto dell’acqua un fiume in piena, di parole, fatti, cose da raccontare e voglia di condividerle. Ma come potrei farlo se non ci fossero i Social Network? Mi capita talvolta di parlare con persone, conoscenti (la parola “amico” la uso con moderazione!) dell’utilizzo dei Social Network, come Facebook per esempio, e mi sento dire <<... non sia mai! ... io queste cose non le uso e né le utilizzerò mai! ... >> oppure <<... non mi va di far sapere i fatti miei agli altri ... >> o peggio <<sono cose pericolose!>> È evidente che non hanno un’idea chiara di cosa sia un Social Network e soprattutto di come vada utilizzato. Provo a fare l‘esempio dei coltelli da cucina, servono per tagliare, sminuzzare, affettare ma, se usati nel modo sbagliato, possono fare del male