Un amico di mio padre si chiamava Luciano. Faceva il carrozziere.
Una passione
che li accomunava era la pesca.
La pesca
alla trota in primis.
Quando era
periodo, dopo il lavoro, andavano praticamente tutti i giorni.
Luciano era
un personaggio molto ruvido, un po’ burbero, parlava poco. Ma non era cattivo,
era il suo modo di essere, sempre con quell’aria di chi sta per picchiare
qualcuno.
Era tarchiato
e non troppo alto. Aveva degli occhiali molto spessi con le lenti sempre
sporche di vernice.
Non ho mai
capito come facesse a vedere.
Anche l’abbigliamento
era sempre uguale, al lavoro, al bar, a pesca, era vestito più o meno sempre
allo spetto modo. Si portava dietro il suo essere carrozziere un po’ dappertutto
con i suoi abiti e scarpe punzecchiati da schizzi di vernice.
Avevo più o
meno 12 anni quando mio padre tentò di avvicinarmi alla pesca.
Lui era il
re della pesca alla trota. A Isernia lo conoscevano tutti.
Ricordo che mia
madre non sapeva più come cucinarle tutte quelle trote. Molto spesso eravamo
costretti a regalarle. Ricordo però che erano buonissime, cucinate in qualsiasi
modo.
Comunque io
non è che avessi tutta questa voglia o passione per la pesca.
Iniziai ad
andare solo per farlo contento.
Ogni volta
che prendevo un pesce mi veniva voglia di liberarlo, mi dispiaceva vederlo
soffrire.
La pesca per me non era rilassante così come diceva
sempre mio padre. A me creava ansia.
Avevo paura che abboccassero perché poi avrei
dovuto prenderli in mano questi pesci vivi e sofferenti e non mi piaceva
affatto. Insomma non ero adatto a sopprimere esseri viventi, di qualsiasi tipo
o specie.
Per non deluderlo però andai una decina di volte,
non di più.
Una di queste volte c’era anche l’amico Luciano.
Si pescava con i bigattini (dei piccolissimi
vermetti bianchi) che a me, per la verità, facevano anche un po’ schifo.
Di solito, quando si andava a pesca, si trasportavano
in un sacchetto legato allo specchietto esterno della macchina in modo da non tenerli
all’interno.
Quel giorno eravamo io, seduto dietro, mio padre,
che guidava, e accanto Luciano con il suo solito abbigliamento a pois di
vernice.
Ad un certo punto mio padre chiese a Luciano come mai
non avesse portato i suoi bigattini visto che fuori al finestrino c’erano solo
i nostri.
Luciano, senza scomporsi, disse <<ce li ho
qua i bigattini>> e, infilandosi una mano in tasca, ne tirò fuori una
manciata.
A quel punto, mentre alcuni bigattini schizzavano
dappertutto, addosso a Luciano e sul sedile, mio padre fu costretto a fermarsi.
<<Luciano ma sei impazzito, i bigattini in
tasca?>>
<<e che fa, sono puliti!>> disse con l’aria
di un bambino che è stato appena sorpreso con le mani nella marmellata.
Che personaggio Luciano!
Quello stesso periodo, papà mi iscrisse, a mia
insaputa, ad una gara di pesca.
Forse l’ho già raccontato in un post precedente ma
mi piace ricordarlo anche qui.
La gara si svolse sul fiume Volturno.
Arrivammo la mattina presto. Mai visti tanti pescatori
tutti insieme.
Per farla breve, iniziò la gara.
Dopo circa un’ora di pesca sentii tirare la lenza
in un modo esagerato. Iniziai ad agitarmi.
Sapevo che dovevo dare filo per far stancare il
pesce e così feci. Ricordai gli insegnamenti di mio padre.
Non avevo mai sentito tirare così forte.
Capii che aveva abboccato un pesce molto grosso.
Così fu.
Dopo una decina di minuti di battaglia col pesce,
finalmente riuscii a tirar su questa bellissima trota di un paio di chili.
Vinsi il primo premio della mia categoria.
Non potevo crederci! Fino ad allora non avevo mai
vinto nulla ed ora ero lì a ricevere la coppa, tra gli applausi di tutti i pescatori.
Un’emozione indescrivibile, ma mai paragonabile all’incontenibile
esultanza di mio padre, neanche avessi vinto i mondiali di calcio.
Comunque, per la prima volta nella mia vita, stavo
rendendo orgoglioso e felice mio padre.
Fu questa la mia vera vittoria.
Tornammo a casa trionfanti.
Quando scesi dalla macchina, con la coppa in mano,
vidi mia madre spalancare gli occhi e iniziare a saltare di gioia.
Fu una grande festa, un rarissimo momento di grande
gioia che conservo, e conserverò per sempre, nel mio cuore e che oggi voglio
condividere con chi legge questo stralcio di vera e autentica vita vissuta con
l’emozione di chi ha la capacità di riconoscere ed apprezzare le cose semplici che
regalano emozioni uniche ed indimenticabili.
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