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FROSOLONE: IL TERREMOTO DEL 1805

  I l 26 luglio del 1805, alle ore 2:11 di notte, avvenne la catastrofe.   Il tremendo terremoto, di magnitudo 6,6 con una profondità di soli 10 km, fu preceduto da vari fenomeni relativi alle acque sotterranee.   A Bojano fu notato un aumento della temperatura delle acque delle fontane del paese e si intorbidì la sorgente del fiume Biferno. A Isernia si seccarono le sorgenti che alimentavano le fontane della città. Ad Agnone si inaridì il corso del torrente Verrino. La scossa causò l’apertura di numerose ed estese spaccature nel terreno. Furono osservati sprofondamenti, avvallamenti e cadute di massi.   Molti alberi risultarono sradicati o spaccati, in particolare, sui monti del Matese si aprirono numerose fenditure, da alcune delle quali fu osservato fuoriuscire del fumo nero maleodorante. Molte acque sorgive subirono un aumento della temperatura, mentre altre si essiccarono. Le acque di molti corsi d’acqua apparvero intorbidate e aumentate di volume.   Sulla sommità
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L’ANTICO COSTUME DELLE DONNE FROSOLONESI

Il costume tradizionale-storico delle donne frosolonesi è uno dei più belli, originali e colorati tra i costumi delle donne molisane. Gli elementi che lo compongono sono: -           il copricapo (o mappa) di lana nera con all’interno un tessuto bianco; -           lo spillone filigranato in oro che serviva a fissare la mappa sulla testa; -           la camicia con pizzi e merletti e maniche larghe con le soprammaniche di lana con ampio risvolto sui polsi finemente rifinito con nastri dorati e argentati e all’altezza delle spalle vi erano dei laccetti che andavano legati al corpetto; -           il corpetto di tessuto damascato e velluto, ricco di decorazioni, molto stretto in vita, aveva agli angoli superiori due applicazioni di nastro dorato o giallo a forma di fiore con un bottone dorato al centro, il cosiddetto “rosone”; -           la gonna di lana color bordeaux a pieghe, molto larga e lunga fino ai piedi; -           il grembiule di lana, tessuta a mano, ornato tut

OCCHIO, MALOCCHIO, PREZZEMOLO E FINOCCHIO!

  D a diverse letture e ricerche si può dedurre che il frosolonese sia un popolo molto religioso però, stranamente, anche molto superstizioso. Molto spesso, in alcuni atteggiamenti, è difficile distinguere dove finisca la vera fede ed inizi la superstizione. È un continuo intrecciarsi tra fede e superstizione. È noto che la vita dell’uomo, in particolare la vita agricola, dalla nascita fino alla morte, sia stata sempre caratterizzata da riti propiziatori, quasi magici, accompagnata dal potere di invocare le forze del bene e allontanare quelle malefiche. Fino al secolo scorso se un bambino mangiava poco, cresceva male ed era sempre malaticcio, si pensava subito che fosse colpito dal malocchio o, peggio ancora, si pensava fosse preso, durante il sonno, dalle streghe. E allora si ricorreva dal “magaro”   che avviava una serie di riti magici per debellare il malocchio oppure dal parroco del paese il quale confezionava un piccolo sacchetto di forma quadrata contenente una piccola imma

L'EREMO DI SANT'EGIDIO

Nella località che prende il nome dal santo stesso, sulla montagna di Frosolone, prima di arrivare a Colle dell’Orso, sorge l’Eremo di S. Egidio. Non a caso Sant’Egidio è anche il patrono del paese come si evince da una delibera comunale, datata 16 febbraio 1707, con la quale il Comune eleggeva Sant’Egidio patrono protettore di Frosolone. Questa chiesetta è antichissima, anche se non se ne conosce la data precisa di edificazione. Nel medioevo era una cappella con un romitorio (luogo dove vivevano gli eremiti) e dipendeva dal convento di Sant’Onofrio, che sorgeva più in alto. Era sotto la tutela degli Antoniani che curavano i malati, infatti Sant’Egidio divenne famosa per le miracolose guarigioni dei monaci. All’inizio del 1300 la cappella fu distrutta insieme al convento di Sant’Onofrio quando quella congregazione fu riconosciuta eretica dalla Chiesa di Roma. La cappella fu poi ricostruita, forse dagli eremiti e dai venditori di bestiame, poiché a Sant’Egidio si svolgeva la f

IL PALAZZO BARONALE DI FROSOLONE: PALAZZO ZAMPINI

D isinteressatamente oggi pubblico un post che riguarda il Palazzo Baronale di Frosolone ubicato all’inizio del centro storico del paese: Palazzo Zampini. Il palazzo è ubicato, più precisamente, nel posto dove durante la dominazione longobarda fu edificato l’antico castello del 1300. Il castello di Frosolone nel 1305 divenne sede di un Tribunale dell'Inquisizione. Nelle sue stanze, infatti, Fra’ Tommaso di Aversa, fanatico inquisitore appartenente all'ordine dei Domenicani, noto anche per aver negato l’autenticità delle stimmate di San Francesco, giudicò colpevoli di eresia un gruppo di 42 monaci minoriti facendoli arrestare unitamente ad una ventina di paesani accusati di averli sfamati e protetti. La vita del castello medievale, inteso come struttura insediativa, che diede ospitalità ai diversi feudatari, si interruppe prima del 1500, per dare posto all’attuale palazzo baronale. L’ingresso principale parte da un portale con arco a tutto sesto in pietra a cui si arriva

GIOVANNI ANTONIO COLOZZA

M olte scuole e aule universitarie, in Italia, sono intestate a “Giovanni Antonio Colozza”. A Palermo e a Frosolone ci sono strade a lui intitolate. Ma chi era costui? Giovani Antonio Colozza fu un insigne pedagogista e illustre professore universitario, studioso e ricercatore. Nacque a Frosolone nel 1857 ed ivi morì nel 1943. Nel 1895 pubblicò la sua prima opera, la più importante: "Il giuoco nella psicologia e nella pedagogia" tradotta in decine di lingue in tutto il mondo. Nel 1899 pubblicò il libro “L'immaginazione nella scienza" opera di grande attualità che costituisce la base delle teorie del più grande filosofo ed epistemologo tedesco Karl Popper. Nel 1900 conseguì la libera docenza in Pedagogia presso l'Università di Napoli. Nel 1903 si classificò primo nel concorso a cattedra di Pedagogia presso l'Università di Palermo dove rimase per un ventennio. A Palermo insegnò, oltre che alla facoltà di Pedagogia, anche filosofia morale e legi

SERENO E'

È incredibile come, ascoltare una vecchia canzone, ti possa aprire, o riaprire, un mondo. Ricordi che sembravano persi, dimenticati, improvvisamente si ripalesano con tutta la loro forza. Vividi, chiari, quasi da poterli toccare e riviverli, all’ istante. Alcuni brani musicali ci riportano alla mente momenti di vita vissuta che hanno rappresentato per noi qualcosa di speciale accompagnandoci nei momenti felici della nostra vita. “Sereno è”, una bellissima canzone di Drupi, mi riporta agli anni ’70, quando ancora vivevo con mio nonno, quando pranzando, dalla radio sempre accesa, la voce di Lelio Luttazzi annunciava la Hit Parade e, appena dopo, la canzone: “Sereno è”. La frase di quella canzone che mi frulla ancora nella testa è: “ ... e la volta che hai guidato tu, dentro al fosso a testa in giù . . .”. Era il 1974. Di lì a poco mio nonno, per una trasfusione sbagliata all’ospedale di Isernia, dopo un intervento chirurgico, ci lasciò. Lì terminava una fase della mia vi