Da diverse letture e ricerche si può dedurre che il frosolonese sia un popolo molto religioso però, stranamente, anche molto superstizioso. Molto spesso, in alcuni atteggiamenti, è difficile distinguere dove finisca la vera fede ed inizi la superstizione. È un continuo intrecciarsi tra fede e superstizione.
È noto che la vita dell’uomo, in particolare la
vita agricola, dalla nascita fino alla morte, sia stata sempre caratterizzata da
riti propiziatori, quasi magici, accompagnata dal potere di invocare le forze
del bene e allontanare quelle malefiche.
Fino al secolo scorso se un bambino mangiava poco, cresceva male ed era sempre malaticcio, si pensava subito che fosse colpito dal malocchio o, peggio ancora, si pensava fosse preso, durante il sonno, dalle streghe.
E allora si ricorreva dal “magaro” che avviava una serie di riti magici per
debellare il malocchio oppure dal parroco del paese il quale confezionava un
piccolo sacchetto di forma quadrata contenente una piccola immagine della
Madonna del Carmine (detto “lu vevr”), alcuni acini di sale, in numero dispari,
e un pezzetto di carta con su scritta un’indecifrabile formula magica.
Il sacchetto veniva cucito sulla maglietta
intima del bambino e, a questo punto, nessuna strega poteva più toccarlo.
Un altro rimedio, sicuramente più utile, pare
fosse quello di ungere il bambino con un unguento ricavato dall’ erba
belladonna. (La belladonna è una pianta della famiglia delle Solanaceae. È una
delle erbe più usate in farmacologia e ha un’azione antispasmodica e
broncodilatatrice).
Comunque il capitolo delle streghe è vasto e
vario. All’epoca bastava essere vecchia e brutta e, immancabilmente, si era tacciati
di stregoneria.
Si racconta che le streghe non potevano morire
fino a quando non avessero lasciato “lu cuocc” a qualcun altro. In pratica
avrebbero dovuto lasciare la propria eredità di strega a qualche povero
malcapitato. La credenza vuole che la strega agonizzava per giorni e giorni fino
a quando non riusciva a dare la mano a qualche disgraziata che a sua volta
diventava strega (o stregone se maschio).
I rimedi per tenerle lontane, specialmente di
notte e dai bambini, erano diversi. Uno di questi era quello di lasciare, dietro
l’uscio una scopa di miglio. Prima di
entrare la strega era costretta a contare tutti mi fili della scopa. In questo modo,
passava tutta la notte e, come si sa, all’alba le streghe sono costrette a
dileguarsi.
Anche una grossa manciata di sale otteneva lo
stesso effetto. Pare che le streghe fossero proprio allergiche al sale e per
riconoscerle, durante il giorno, bastava offrire loro qualche chilo di farina
nella quale era stato mescolato un grosso pugno di sale. La strega se ne
sarebbe accorta subito e avrebbe rifiutato la farina.
Se una persona veniva sospettata di
stregoneria e si voleva smascherarla era sufficiente infilare sotto la sedia
sulla quale era seduta un treppiede rovesciato. In questo modo la strega non
avrebbe più potuto alzarsi fino a quando non veniva tolto il treppiede.
Anche gli animali erano infastiditi dalle
streghe, spesso si accanivano soprattutto con i cavalli e i muli divertendosi ad
intrecciare fittamente la loro criniera e la coda.
Sono ancora in molti a giurare di aver
trovato, la mattina, nella stalla, il cavallo madido di sudore con la criniera
e la coda intrecciate in fittissime e regolarissime treccioline.
Il malocchio, poi, è una cosa bruttissima che
potrebbe colpire tutti, uomini e animali.
A farlo può essere chiunque. Se, per esempio, uno guarda con ammirazione
una persona, un animale una pianta e non dice “Dio lo benedica” sicuramente gli
butta addosso il malocchio e allora, per evitare spiacevolissime conseguenze bisogna
“rincantare” il malocchio.
Si deve recitare a mente, una formula magica,
che si può imparare da una persona che la conosce, ma solo durante la notte di Natale
e segnare le persone o l'animale con varie croci e versare in alcuni piatti
pieni d’acqua alcune gocce d’olio. Se l’olio si dilegua il malocchio è tolto.
Tra i vari tipi di malocchio, il peggiore è
quello "ferrato" e capita quando la persona che butta il malocchio ha
qualche oggetto di ferro in mano, per esempio una chiave o un attrezzo di
ferro, in questo caso toglierlo è molto più difficile e bisogna mettere nel
piatto dell’acqua anche un pezzo di ferro.
Esistono comunque diversi antidoti per non essere
colpiti dal malocchio: il corno di corallo, una piccola manina d’oro con le
dita chiuse a forma di corna, indossare delle calze spaiate oppure indossarne
una al dritto e una al rovescio. Quest’ultima soluzione era la preferita dalle
spose nel giorno del loro matrimonio.
Oltre al malocchio si possono “rincantare”
anche vari mali fisici: il mal di pancia, “la verminaria”, la sciatica, i porri
e, le verruche.
Per ognuno di questi mali si recita una
apposita formula e si seguono vari riti.
Per la “verminara” che colpiva soprattutto i
bambini, bisognava versare tre gocce d’olio in un piatto pieno d’acqua e
recitare per tre volte la formula: “Sant Dminch dalle aiuto/ da quel sangue che
tu tramuti/ lo tramuti con una lanza/ Sant Dminch fatt qui avanti/ tutt le
vierm nterra viann”.
Invece per allontanare l’invidia era
necessario un pentolino di rame pieno d’acqua nel quale si doveva versare una
sola goccia d’olio. La persona colpita da invidia doveva essere segnata con 9
croci e il “rincantatore” doveva poi recitare una sola volta questo scongiuro: “ammidia
maledetta/ che abbai come un cane/ vattene da domani/ squagliati come il sale”.
Essere colpiti dall’invidia era considerato
veramente nefasto tanto che un antico proverbio recita: “la astema non ti
coglie e l’ammidia scì” (la maledizione non ti colpisce e l’invidia sì).
Oltre al malocchio si poteva essere colpiti da
“fatture” che spesso si rivelavano mortali.
A farle erano soprattutto donne tradite,
fidanzate abbandonate, amanti gelosi. In questo caso si doveva ricorrere
tempestivamente ad un “magaro”.
Curiosità:
Fino a qualche decennio fa erano in molti a
recarsi a Pietracupa (un comune vicino Frosolone) per farsi “incantare le fatture”
da un bravo “magaro” del posto.
Si racconta che spesso si arrivava troppo
tardi, quando ormai la morte era inevitabile, allora il “magaro” si limitava a
far conoscere al parente del malcapitato l’identità degli autori della fattura.
Versava dell’acqua in un cantino e, dopo aver recitato una formula, appariva
nell’acqua, ben visibile, il viso della persona autrice della fattura.
La fattura, oltre che per punire una persona,
si poteva fare anche per acquistarne i favori. E allora si facevano fatture per
accalappiarsi l’amore di una donna o di un giovane reticente. E così si spiegavano
i matrimoni tra belle ragazze e uomini brutti e vecchi e viceversa.
Alcune fatture che prendevano il nome di “legature”
venivano fatte per colpire la sessualità dei giovani. Si racconta di
numerosissime coppie che, nonostante fossero regolarmente sposate, non
riuscivano, a volte anche per mesi, ad avere rapporti sessuali, perché era
stato loro “legato il sangue”. Anche in questo caso l’intervento di un “magaro”
poteva sanare la situazione.
Altre superstizioni e credenze legate alle
ricorrenze religiose: il 25 di gennaio, giorno in cui la chiesa ricorda la
conversione di San Paolo, i contadini si recano nelle vigne per segnarle con la
“croce, un rito propiziatorio per scongiurare le gelate molto dannose per i vigneti.
Sempre la stessa credenza vuole che il giorno
delle “comparse di San Paolo” i serpenti, che in questo periodo sono in letargo
si svegliano e cambiano posizione, in altre parole “si rigirano i serpenti”.
Anche sulla notte di Natale aleggiano antiche
credenze e varie superstizioni.
Innanzitutto un’antica leggenda vuole che chi
nasce in questa notte diventerà lupo mannaro.
Solo in questa notte, poi, si possono imparare
le varie formule e gli scongiuri per “rincantare il malocchio”.
Infine un’antichissima quanto fantasiosa
credenza vuole che tutte le streghe del paese si rechino alla messa di
mezzanotte, ma per riconoscerle e bloccarle in chiesa è sufficiente mettersi in
piedi in fondo alla chiesa, dove è posto l’organo, e vestirsi nel seguente modo:
indossare un gilet di pelle di pecora (meglio
se di capra, quelli che anticamente venivano indossati dai pastori), infilare
alle dita della mano sinistra le canne salvadito che i contadini usavano
durante la mietitura per proteggersi appunto le dita e impugnare, con la mano
destra, la falce.
In questo modo, le streghe presenti in chiesa,
per uscire dal luogo sacro dovranno, per forza, chiedere il permesso al tizio
così vestito.
Tutte queste credenze e superstizioni,
fortunatamente, oggigiorno stanno pian piano scomparendo, ma c’è sempre
qualcuno che le alimenta come quelli che sostengono che il Coronavirus sia una
meritata punizione divina per l’umanità.
Un cristiano che attribuisce ad una punizione
divina la diffusione del coronavirus fa molto male alla fede perché la declassa
a una pratica superstiziosa con un Dio più simile alle capricciose divinità
pagane che al Dio dei cristiani.
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