Passa ai contenuti principali

LA SOFFITTA

Il frammento di memoria di oggi riguarda i gloriosi anni ’60.

Penso fosse verso la fine degli anni ’60 quando iniziai a scoprire un luogo fino ad allora sconosciuto ed inesplorato, un luogo fantastico. Un luogo dove poter stare da solo e poter riflettere: LA SOFFITTA.

Sì, quel vano compreso tra il tetto e il solaio dell’ultimo piano del palazzo.

Non mi è mai dispiaciuto passare del tempo da solo.

Quel giorno, lì sopra, scoprii un mondo.

Era uno spazio dove l’estate era caldissimo e l’inverno freddissimo, ma nonostante questo mi piaceva frugare tra le mille cose che erano accumulate lì sopra. Ogni giorno trovavo qualcosa di interessante, vecchi libri, foto sbiadite, oggetti vari.

Creai uno spazio, in un angolo, con un piccolo tavolo e una sedia, La mia prima scrivania!

Quante ore trascorse lì in soffitta!

Un giorno decisi di sollevare alcune tegole. Salii su una vecchia sedia di paglia, feci leva e sfilai la prima tegola, e poi un’altra.

Ed eccolo lì il cielo azzurro. Un azzurro intenso, una luce abbagliante mi accecava!

Che sensazione meravigliosa! Mi sembrava di volare.

Allungai le braccia verso il tetto, feci forza sulle sponde che reggevano le tegole e mi alzai verso il cielo. Riuscii a tirare su anche le ginocchia e ad appoggiarle sulle sponde ed ero su.

Ero sul tetto del palazzo. Io, i comignoli e le antenne TV.

Ero felice ed emozionato. Era una nuova esperienza.

Forse all’epoca eravamo un po’ stupidi, non lo so, ad un ragazzino di oggi questo farà ridere, ma per me quella era una nuova esperienza, una sensazione di libertà e di eccitazione che ricordo ancora oggi.

Ero cosciente del pericolo che correvo, se fossi scivolato sarei caduto giù, ma mi tenevo ben saldo tra un comignolo ed una antenna TV, e poi quel panorama! Bellissimo!

Vedevo la mia città come non l’avevo mai vista prima, dall’alto.

Era una sensazione meravigliosa. Di fronte avevo la villa comunale, vedevo perfino il laghetto e accanto il tribunale e la piazza e il monumento ai caduti e tutta via XXIV maggio, che spettacolo, neanche avessi preso un aereo per la prima volta!

Che tenerezza, che nostalgia!

Iniziai a salire sul tetto sempre più spesso. Ormai ero pratico.

Salivo, mi sedevo sulle tegole e stavo lì ad osservare il panorama.

Era rilassante. Il sole, il vento, i profumi della primavera erano miei amici ed alleati.

Capii che era un antistress e che mi piaceva stare, ogni tanto, da solo.

Ancora oggi non mi dispiace stare da solo con la mia musica, il mio notebook o magari d’inverno col camino acceso e un buon libro, ma, sinceramente, quel tetto un po’ mi manca!
 

Commenti

Post popolari in questo blog

IL PALAZZO BARONALE DI FROSOLONE: PALAZZO ZAMPINI

D isinteressatamente oggi pubblico un post che riguarda il Palazzo Baronale di Frosolone ubicato all’inizio del centro storico del paese: Palazzo Zampini. Il palazzo è ubicato, più precisamente, nel posto dove durante la dominazione longobarda fu edificato l’antico castello del 1300. Il castello di Frosolone nel 1305 divenne sede di un Tribunale dell'Inquisizione. Nelle sue stanze, infatti, Fra’ Tommaso di Aversa, fanatico inquisitore appartenente all'ordine dei Domenicani, noto anche per aver negato l’autenticità delle stimmate di San Francesco, giudicò colpevoli di eresia un gruppo di 42 monaci minoriti facendoli arrestare unitamente ad una ventina di paesani accusati di averli sfamati e protetti. La vita del castello medievale, inteso come struttura insediativa, che diede ospitalità ai diversi feudatari, si interruppe prima del 1500, per dare posto all’attuale palazzo baronale. L’ingresso principale parte da un portale con arco a tutto sesto in pietra a cui si arriva

L’ANTICO COSTUME DELLE DONNE FROSOLONESI

Il costume tradizionale-storico delle donne frosolonesi è uno dei più belli, originali e colorati tra i costumi delle donne molisane. Gli elementi che lo compongono sono: -           il copricapo (o mappa) di lana nera con all’interno un tessuto bianco; -           lo spillone filigranato in oro che serviva a fissare la mappa sulla testa; -           la camicia con pizzi e merletti e maniche larghe con le soprammaniche di lana con ampio risvolto sui polsi finemente rifinito con nastri dorati e argentati e all’altezza delle spalle vi erano dei laccetti che andavano legati al corpetto; -           il corpetto di tessuto damascato e velluto, ricco di decorazioni, molto stretto in vita, aveva agli angoli superiori due applicazioni di nastro dorato o giallo a forma di fiore con un bottone dorato al centro, il cosiddetto “rosone”; -           la gonna di lana color bordeaux a pieghe, molto larga e lunga fino ai piedi; -           il grembiule di lana, tessuta a mano, ornato tut

GIOVANNI ANTONIO COLOZZA

M olte scuole e aule universitarie, in Italia, sono intestate a “Giovanni Antonio Colozza”. A Palermo e a Frosolone ci sono strade a lui intitolate. Ma chi era costui? Giovani Antonio Colozza fu un insigne pedagogista e illustre professore universitario, studioso e ricercatore. Nacque a Frosolone nel 1857 ed ivi morì nel 1943. Nel 1895 pubblicò la sua prima opera, la più importante: "Il giuoco nella psicologia e nella pedagogia" tradotta in decine di lingue in tutto il mondo. Nel 1899 pubblicò il libro “L'immaginazione nella scienza" opera di grande attualità che costituisce la base delle teorie del più grande filosofo ed epistemologo tedesco Karl Popper. Nel 1900 conseguì la libera docenza in Pedagogia presso l'Università di Napoli. Nel 1903 si classificò primo nel concorso a cattedra di Pedagogia presso l'Università di Palermo dove rimase per un ventennio. A Palermo insegnò, oltre che alla facoltà di Pedagogia, anche filosofia morale e legi