POST PUBBLICATI SULLA
PAGINA FACEBOOK “FRAMMENTI DI MEMORIA DAL 1960 IN POI”
Ho dato sempre un significato molto profondo alla parola “amicizia”. Ecco
perché, nella vita mi sono trovato male, molto male! ... o sono stato
sfortunato, chissà!
Amicizia: quel reciproco, piacevole, sentimento umano fatto di rispetto,
stima, condivisione, che non dovrebbe mai essere tradito e che, purtroppo,
molto spesso lo è.
Il mio primo amico delle scuole elementari si chiamava Pietro. Nella foto
accanto a me, in terza elementare, vestito da cowboy, nel carnevale del 1969.
Io dovrei essere un indiano, più o meno, quel vestito me lo cucì mia madre.
La foto fu scattata nell’attuale scuola elementare “Ignazio Silone” in Via Risorgimento
– San Leucio. Attualmente quell’edificio pare ospiti uffici comunali.
Non ricordo perché quell’anno fummo trasferiti dalla “San Giovani Bosco”,
la nostra scuola elementare, a quest’altro edificio. Forse qualche restauro o
qualcosa di simile.
Pietro è stato con me alle elementari, alle medie e alle superiori.
Dopo le superiori ci perdemmo di vista purtroppo. Ognuno preso dalla
propria strada dalle proprie cose, dalla propria vita.
Che grande rimpianto!
È scomparso pochi anni fa purtroppo. È stato un grande dolore.
Il frammento di memoria di oggi riguarda la Fiat 850 di Pietro.
Eravamo freschi patentati e stavamo studiando per l’esame di maturità.
Quella mattina ero in compagnia di Gino Pinto, un altro caro amico
dell’epoca. Ricordo che stavamo in giro per Isernia e ci trovammo a passare
sotto casa di Pietro.
Non ricordo perché ma Pietro decise di prendere le chiavi della 850 per
darci un passaggio da Piazza Concezione (dove c’è la famosa Fontana
Fraterna) alla fine di Via XXIV maggio dove abitava Gino.
Partimmo con questa benedetta Fiat 850. Pietro guidava, io lato passeggero
e Gino dietro.
All’altezza dell’allora Bar del Sole, il posto dove avremmo dovuto fermarci
per far scendere Gino, c’era una macchina ferma in doppia fila.
Pietro arrivò a tutta velocità e, al posto di premere freno e frizione,
premette la frizione e, quando era già troppo tardi, il freno. Così facendo la
macchina acquistò ancora più velocità per cui si schiantò dietro alla macchina
ferma che per fortuna era vuota! Un disastro!
Io diedi una “capata” sul vetro che per fortuna non si ruppe. Gino volò dal
sedile di dietro a quello davanti e Pietro una “nasata” sullo sterzo.
Insomma fortunatamente ce la cavammo con poco.
Solo il povero Pietro dovette sorbirsi l’ira del padre poliziotto che
arrivato poco dopo ci cercò invano, forse per darci il resto, ma io e Gino già
eravamo spariti!
(continua)
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