Quando nel 1972 rimasi orfano dei miei nonni materni, con i quali avevo
convissuto fino ad allora, iniziai una nuova vita.
Mio padre e mia madre non hanno mai avuto un rapporto idilliaco però a metà
anni ’70 le cose, in generale, andavano abbastanza bene.
Mio padre, quando non lavorava, pescava! Era il re della pesca alla trota.
Mia madre le cucinava in tutti i modi possibili e immaginabili! Siamo
praticamente cresciuti a pane e trota!
Il problema è che un giorno decise di insegnarmi a pescare. Per la verità a
me piaceva la natura, piaceva la montagna il mare, il lago e anche i fiumi, ma
non pescare.
Per non deluderlo però facevo finta che mi piacesse per cui ogni tanto mi
portava al fiume a pescare, a volte andavamo da soli e a volte in compagnia di
alcuni dei suoi amici pescatori (come, per chi è di Isernia, Paolo Piccirillo
ed il suo papà Mario).
La verità è che quando i pesci abboccavano a me dispiaceva vederli
soffrire. Papà mi insegnava a staccare l’amo dalla bocca della trota ma questa
operazione mi creava problemi. Insomma non ero adatto a sopprimere esseri
viventi, di qualsiasi tipo o specie.
Comunque continuavo a far finta di niente e quando pescavo speravo sempre
che non abboccassero. Ma più pregavo di non prendere nulla più riuscivo a tirar
su trote di notevole dimensioni.
Mario Piccirillo, un signore barbuto, anziano, molto rude, a tratti
simpatico, ogni volta che mi vedeva tirar su una bella trota iniziava a
maltrattarmi perché lui non prendeva mai nulla. Più era geloso e io più
pescavo.
Non potevo farci nulla, andava sempre così e ogni volta che tiravo su
l’ennesima trota, mio padre e il suo amico Mario si facevano grasse risate
guardando la faccia di Mario che diventava sempre più scura!
Quell’anno (1972) papà mi iscrisse, a mia insaputa, ad una gara di pesca.
Quando mi fu comunicato andai a lamentarmi con mia madre dicendo di non
sentirmi pronto ad affrontare una gara di pesca dove partecipavano pescatori
professionisti ma mia madre mi convinse ad andare altrimenti mio padre ci
sarebbe rimasto male.
Così andai. Anzi andammo.
La gara si svolse lungo il fiume Volturno.
Chi ci capitò vicino? Mario!
Come mi vide cambiò espressione.
<<Mettiti più in là>> mi disse con aria minacciosa. Io obbedii
senza fiatare.
Dopo circa un’ora di pesca sentii tirare la lenza in un modo esagerato,
sapevo che dovevo dare filo per far stancare il pesce e così feci. Ricordai gli
insegnamenti di mio padre.
Mario ormai non pescava più guardava solo verso di me. Capì che stavo per
tirare su qualcosa di grosso.
Così fu.
Dopo 5-6 minuti di battaglia col pesce iniziai a tirar su col mulinello e
tira tira venne su una trota di un paio di chili. Tant’ è che vinsi il primo
premio della mia categoria (nella foto la premiazione!)
Mai visto mio padre così soddisfatto, neanche avessi vinto il giro
d’Italia!
Mario non venne mai più a pescare con noi.
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